di Patrizia Trapella e Luca Massaro
Qualche settimana fa, il Gup di Como ha riconosciuto il vizio parziale di mente – termine tecnico giuridico per indicare che la capacità di intendere e di volere dell’imputato è grandemente scemata – a una donna di 28 anni che nel 2009 aveva ucciso la sorella di 40 anni – l’aveva costretta ad assumere un enorme quantitativo di psicofarmaci e poi le aveva dato fuoco. Stefania Albertani – questo è il nome della donna – quando era indagata a piede libero per omicidio, aveva tentato di strangolare la madre e poi di darle fuoco. Grazie ad innovative tecniche di indagini è giunta la sentenza. Esse hanno rilevato la presenza di alterazioni anatomiche in un’area dell’encefalo che ha la funzione di regolare le azioni aggressive e di fattori genetici significativamente associati ad un maggior rischio di comportamento impulsivo, aggressivo e violento. Stefania Albertani è stata condannata a 20 anni.
In altre parole, le sentenze (e le neuroscienze e la genetica) indicano che ci sono soggetti che sono più vulnerabili, geneticamente parlando, di altri. Sono più inclini a commettere reati.