di Patrizia Trapella e Luca Massaro
Ci siamo chiesti più volte qual è la vera origine della criminologia. La risposta non è scontata né semplice come potrebbe sembrare.
Paradossalmente, le vere origini della criminologia sono i fatti della vita quotidiana. Diremmo i fatti normali. Ciò che accade normalmente. Intendiamo l’osservazione della vita quotidiana della gente, di quello che succede ogni giorno, nelle piazze e nei bar, nelle famiglie, negli uffici, nelle scuole, nei luoghi di lavoro, quello che si dice la gente.
Come si può parlare di criminologia se non si conoscono i normali modelli di apprendimento sociale, le normali modalità di trasmissione dei
valori sociali intrafamiliari (dai nonni ai nipoti ad esempio) e all’interno del gruppo sociale e la normale interazione sociale degli individui?
Come ci si può interessare di criminologia se non si parte dall’attenta osservazione della quotidianità della gente o della collettività che dir si voglia, di come gli individui si rapportano tra loro normalmente. Durkheim, noto sociologo francese di fine Ottocento e primo Novecento, intendeva la sociologia come la scienza dei fatti e dei rapporti sociali. E allora appare imprescindibile seguire le tracce della sociologia per giungere alla criminologia.
Dalla sociologia all’osservazione di comportamenti devianti (e dei reati) il passo può essere veramente breve. La devianza è quella che solitamente fa notizia e abitualmente si legge nei quotidiani o nelle riviste perché stupisce la collettività. Essa è il comportamento di chiunque violi e sfugga alle aspettative derivanti da una consolidata norma sociale (una sorta di abitudine sociale condivisa).